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Un'ordinaria giornata di lavoro

di Andrea Saviano


Il frinire dei grilli all'esterno era quasi ossessivo, ma el chanco (N.d.R. il maiale) pareva soffrire molto di più l'oppressivo caldo e la conseguente afa che quel rumore molesto. A poco serviva il fazzoletto di cotone con cui si asciugava il sudore. Per quanto si tamponasse il viso, tra le pieghe del suo grasso volto miriadi di goccioline continuavano ostinatamente a formarsi per raggrupparsi in una grossa goccia che lentamente percorreva tutto il volto fino a staccarsi in corrispondenza del mento.

Gli occhi oscillavano da un lato all'altro della stanza alla ricerca di una qualsiasi corrente d'aria che gli potesse dare sollievo e nel fare ciò peregrinava da una finestra a quella successiva simile all'orsetto del tirassegno. Tuttavia l'aspetto sciatto e disordinato, i radi capelli spettinati, unti e umidicci lo rendevano più simile a un brutto e vecchio scimmiotto di peluche che a un aggraziato Teddy-bear.

Di fronte a lui, seduto al tavolo e intento a bere un cuba-libre, il compare che gli avevano assegnato per quella missione: el buitre (N.d.R. l'avvoltoio). Un uomo che in quel villaggio era una vera e propria autorità.

A renderlo riconoscibile l'usuale vestito chiaro di lino – sempre lindo e profumato – l'inseparabile panama per coprire i folti capelli neri sempre impomatati.

Un fazzoletto ancora fresco di lavanderia spuntava dal taschino. Appariva come intonso, segno evidente che lui non lo utilizzava per tergersi la fronte dal sudore dal sudore quasi l'abitudine al clima sub-tropicale lo avesse reso insofferente a quel caldo afoso.

Ogni suo gesto era misurato ed elegante.

Fissò el chanco ed estrasse dalla giacca due sigari habana ne passò uno sotto il naso per annusarlo e restando in silenzio fece il gesto di regalare l'altro.

Tutto di lui dava ad intendere che fosse un uomo raffinato e avvezzo al lusso.

Rimase qualche istante con il braccio teso poi disse: « Smettila d'agitarti, non farai altro che sudare ancora di più grasso come sei. Mi stai rendendo nervoso, siediti e fumati il sigaro che ti sto offrendo. »

El chanco fissò per un attimo gli occhi di ghiaccio di el buitre per capire se scherzasse o facesse sul serio, ma non riuscì a sostenerne lo sguardo più di qualche secondo. Quindi, quasi fosse un automa, ubbidì.

S'avvicinò al tavolo, prese il sigaro che gli era stato porto, estrasse una sedia e vi ci si accomodò a gambe larghe. Così facendo, il grosso addome posò l'ampia piega della pancia sulla cintura. Il risultato fu un surreale emoticon che aveva i grassi pettorali come occhi e la piega della pancia come sorriso.

In quella posizione i bottoni parevano strozzarsi con gli occhielli che, stretti e tesi intorno ad essi, sembravano sul punto di strapparne le cuciture, cosicché il tessuto della camicia disegnava, tra un bottone e il successivo, delle larghe asole da cui emergeva la carne flaccida che costituiva il torace grasso, sudaticcio e peloso dell'uomo.

« Devi stare attento quando ti siedi, un giorno o l'altro tu ammazzerai qualcuno ficcandogli nella fronte uno dei bottoni della tua camicia, » disse ridendo el buitre.

El chanco afferrò con la mano destra il suo lungo pugnale a serramanico e accennò ad alzarsi, quasi volesse reagire a quell'allusione malevola alla propria obesità.

La tensione tra i due era così spessa che si poteva tagliare con una lama, magari proprio quella del coltello di el chanco il quale però sapeva bene che nessuno tra i vivi aveva mai osato replicare a el buitre. Questi, era risaputo, non solo era un uomo molto ricercato nei gesti e nei gusti, ma anche da metà delle polizie del mondo e, occorre evidenziarlo, da quella metà che conta: Europa occidentale e nord America tanto per gradire.

Come el chanco aveva accennato la reazione, el buitre aveva infilato, lentamente e con una certa indifferenza, la mano all'interno della propria giacca indirizzandola proprio lì dove, un certo rigonfiamento sotto l'ascella rivelava la presenza di un'arma.

A quel punto a el chanco, reso improvvisamente statico dalla scena che stava osservando, non rimase che restare immobile a fissare imbufalito il socio e rivale.

A el buitre ciò non sembrò essere sufficiente, perché il suo braccio era già teso e la canna della pistola era posata in mezzo alla fronte di el chanco.

CONTINUA